Sandro Saggioro, Né con Truman né con Stalin. Storia del Partito Comunista Internazionalista (1942-1952)


 

 

Sandro Saggioro, Né con Truman né con Stalin.

Storia del Partito Comunista Internazionalista (1942-1952),

Edizioni Colibrì, Paderno Dugnano 2010, pp. 414, € 22,00

                                                                                                                                          

 

Questo lavoro si prefigge di raccontare la storia del Partito Comunista Internazionalista dal 1942, anno della sua nascita, fino al 1951-52, quando le sue forze si separarono in due tronconi. Si tratta di una storia che nessuno ha mai scritto finora. Ma perché questo capitolo di storia del movimento operaio non è mai stato preso in considerazione nella sua interezza? Da una parte, perché a nessuno interessava riportarlo alla luce e parlare di un’organizzazione politica che propugnava la rivoluzione proletaria; dall’altra, perché i “bordighisti” hanno l’abitudine di non scrivere mai a proposito di se stessi e delle loro vicende ‒ e qualche malizioso ha ironicamente aggiunto che è meglio così, visto che probabilmente c’è ben poco da dire.

Ci sarebbe invece molto da indagare circa la presenza e l’azione degli internazionalisti durante e dopo la Seconda Guerra mondiale, ma su di loro non sono quasi mai state raccolte notizie e, spesso, quei militanti sono passati attraverso situazioni e momenti come ombre che poi il tempo ha dissolto. La memoria di molti fatti della loro storia è dunque andata perduta per sempre e, per quanto riguarda tutta una serie di episodi, è stato piuttosto difficile ricostruirli per poterli raccontare.

L’autore considera la creazione del Partito Comunista Internazionalista come una rinascita, visto che esso si considerò sempre la continuazione diretta del Partito Comunista d’Italia fondato a Livorno nel gennaio 1921. E la sconfitta politica del Partito Comunista Internazionalista è precedente alla rottura organizzativa del dicembre 1952. La realtà degli assetti postbellici del capitalismo ‒  che aveva già battuto il comunismo negli anni Venti ‒ provocò a lungo andare lo smembramento e la polverizzazione di quel partito.

La ripresa economica e il boom che fecero seguito alla guerra avevano infatti garantito qualche piccolo vantaggio ai proletari, cosicché essi non avevano da perdere soltanto “le loro catene”. Questo rafforzò anche i loro legami politici con il riformismo dei partiti socialista e staliniano. Furono pochi i militanti che cercarono di mantenere intatte per il futuro, mentre si percorreva una discesa senza fine apparente nella controrivoluzione democratica, le posizioni non falsificate né edulcorate del comunismo rivoluzionario. La strada si rivelò oltremodo lunga, e la mèta lontana, senza scorciatoie possibili. I militanti internazionalisti scelsero di rimanere legati al programma storico della classe in attesa di un cambiamento della situazione che, deterministicamente e messianicamente, avrebbe potuto prodursi soltanto in seguito a ben precisi processi economici (e politici) oggettivi. Questa sorta di rassegnata passività rispetto alla realtà costituì forse il loro limite più evidente.

L’auspicio è che questo tipo di ricerche contribuiscano, oltre a recuperare alla memoria pagine poco note o sconosciute della storia, ad una riflessione politica che alimenti la ripresa di un movimento di classe. L’autore del volume non ha infatti alcuna pretesa di imparzialità, collocandosi pienamente sulle posizioni politiche del partito che è oggetto del suo lavoro e delle sue riflessioni; e, su questa linea, egli ritiene ancora impareggiabile e fondamentale il contributo di Amadeo Bordiga, che però si dispiegherà compiutamente soprattutto dopo la scissione del 1952 tra la tendenza capeggiata da Bruno Maffi e quella guidata da Onorato Damen.

Il volume è completato da una vasta appendice documentaria, che comprende anche materiali difficilmente reperibili o del tutto inediti.   

 

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